Plasticità coordinata fra corteccia uditiva e locus coeruleus

 

 

GIOVANNI ROSSI

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XIII – 19 settembre 2015.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

Decenni di studi specializzati e selettivi, ci hanno abituato a pensare al mondo funzionale di alto livello della corteccia cerebrale come distinto e distante dall’ambito dei sistemi che mediano gli stati interni e le risposte istintivo-emotive. Tale dicotomia, ancorché consapevolmente artificiosa, si giustifica soprattutto se si considera, nel cervello umano, da un canto l’elaborazione dell’informazione esterocettiva da parte delle regioni neocorticali e, dall’altro, l’attivazione in risposta allo stress di aree e nuclei sensibili alle emozioni e strettamente connessi con il controllo neurovegetativo delle funzioni viscerali. Da questa distinzione giustificata è derivata, spesso, una separazione infondata, che ha finito per influenzare l’opinione di una parte dei ricercatori. Ad esempio, considerando l’amigdala un complesso nucleare dedicato all’elaborazione di esperienze emozionali come la paura, alcuni si sono stupiti per la scoperta di patterns cognitivi di categorizzazione adottati dai sistemi neuronici amigdaloidei.

Poco per volta, negli anni recenti, si è fatta strada una visione della neurofisiologia cerebrale che considera le grandi ripartizioni anatomiche come uno dei riferimenti per la comprensione dell’organizzazione funzionale, al quale è necessario associare altri criteri, quale quello del ruolo delle reti distribuite all’interno dell’encefalo e apparentemente dedicate a specifici tipi di elaborazione.

La corteccia cerebrale nel suo complesso è plastica e, soprattutto nella sua componente neocorticale, rappresenta il mondo secondo il significato degli stimoli sensoriali. Tuttavia, le reti neuroniche della corteccia sono incorporate in circuiti complessi dei quali fanno parte i cosiddetti sistemi neuromodulatori, che integrano componenti informative elaborate in modo indipendente. Uno di questi sistemi è quello che ha per fulcro i neuroni noradrenergici del locus coeruleus, che fornisce informazioni circa lo stato interno dell’organismo e la rilevanza comportamentale di un’esperienza.

A lungo, la comprensione del significato neurofisiologico dell’integrazione fra sistemi del locus coeruleus e corteccia cerebrale è stata ricondotta all’importanza della noradrenalina (o norepinefrina) per la plasticità corticale, senza sapere in che modo i neuroni modulatori stessi reagissero alle variazioni dell’input sensoriale. Ana Raquel O. Martins e Robert C. Froemke hanno studiato nel ratto contemporaneamente l’attività elettrica dei neuroni del locus coeruleus e della corteccia uditiva primaria (A1 o area 41 di Brodmann) in risposta a stimoli acustici.

Il risultato dello studio fornisce una traccia interessante per la comprensione della fisiologia dei sistemi modulatori cerebrali (Martins A. R. O. & Froemke R. C., Coordinated forms of noradrenergic plasticity in the locus coeruleus and primary auditory cortex. Nature Neuroscience – Epub ahead of print doi: 10.1038/nn.4090, 2015).

La provenienza degli autori è la seguente: Skirball Institute for Biomedical Medicine, Neuroscience Institute, Department of Neuroscience and Physiology, New York University School of Medicine, New York, NY (USA); Center for Neural Science, New York University, New York, NY (USA); Center for Neurosciences and Cell Biology, University of Coimbra (Portogallo).

Anche se il lavoro di Martins e Froemke è stato condotto sui ratti, riprendiamo qualche nozione relativa all’elaborazione acustica umana, che rappresenta un paradigma pienamente realizzato di quanto, sia pure ad un livello più basso di complessità, si riscontra in tutti i mammiferi.

Le fibre uditive provenienti dalla coclea raggiungono i nuclei cocleari, olivari superiori e laterali del lemnisco, e da qui si compone la via che, attraverso il collicolo inferiore della lamina quadrigemina, raggiunge il corpo genicolato mediale che, seguendo una consuetudine fisiologica, si considera parte del talamo, pur essendone anatomicamente distinto[1]. Dal corpo genicolato mediale le fibre sono dirette alla corteccia uditiva: il contingente principale forma sinapsi con i neuroni degli strati IIIb e IV della corteccia di quell’area della circonvoluzione di Heschl sulla superficie del lobo temporale presso la scissura di Silvio, che corrisponde all’area 41 della mappa citoarchitettonica di Brodmann ed è detta A1 in neurofisiologia.

In questa sede i neuroni sono organizzati in una disposizione spaziale precisa e sistematica, che riflette la distribuzione ordinata delle frequenze alle quali ciascuna cellula nervosa è maggiormente sensibile. Intorno a questa area, scomponibile in base a studi elettrofisiologici in 3-4 sotto-aree primarie o simil-primarie (core), si riconoscono da 7 a 10 aree secondarie (cintura) di elaborazione dell’informazione uditiva. È stato provato, nelle scimmie e nell’uomo, che i toni puri attivano le regioni corticali del core, mentre suoni complessi e rumori inducono le risposte più intense dei neuroni delle aree secondarie.

La plasticità della corteccia uditiva in tutti i mammiferi è ben nota, e se soprattutto il lavoro di Michael Merzenich e colleghi ha documentato la possibilità di ottenere riorganizzazione funzionale di grande scala mediante esercizio comportamentale in animali adulti, il dinamismo delle aree corticali acustiche degli animali giovani è documentato, noto e sfruttato da tempo dalla ricerca. Nei roditori, l’organizzazione di A1 in base alle frequenze emerge gradualmente nel corso dello sviluppo, da una prima mappa elementare di distribuzione dei neuroni. Esponendo costantemente topi e ratti durante lo sviluppo post-natale all’ascolto insistentemente ripetuto di una particolare frequenza sonora, si determina un’espansione dell’area della corteccia popolata da neuroni sensibili a quel suono, a discapito delle aree sensibili alle altre frequenze dello spettro cocleare. Tale alterazione di sviluppo distrugge lo schema ordinato dal quale dipende l’elaborazione acustica in funzione cognitiva e comportamentale[2].

Nello studio di Martins e Froemke è stata analizzata la risposta allo stimolo sensoriale acustico da parte delle cellule nervose appartenenti al sistema neuromodulatorio del locus coeruleus.

Il locus coeruleus è un complesso nucleare situato in un’area del tronco encefalico che, nell’encefalo umano, appartiene al ponte dorsale (pars dorsalis del Ponte di Varolio) e corrisponde alla parte superiore e mediale del pavimento del quarto ventricolo (fossa romboidale), dove forma uno strato azzurro-grigiastro sotto l’ependima ventricolare[3]. Si riconosce poco oltre la fossetta superiore nel triangolo pontino, come una superficie spesso grigio-ardesia, alta 5 mm, dove termina una delle radici del trigemino. Talvolta presenta pieghe longitudinali (rugae loci coerulei); il colore è dovuto al pigmento accumulato nei neuroni ed anticamente definito substantia ferruginosa.

La sua appartenenza al sistema neurovegetativo era stata ipotizzata già nel secolo scorso, in base al suo essere costituito da un ammasso di cellule pigmentate: tratto caratteristico comune alle formazioni dell’autonomo. In generale, e in anatomia comparata, rappresenta il maggiore agglomerato encefalico di neuroni contenenti nor-adrenalina, potendo giungere fino al 50% delle cellule noradrenergiche dell’encefalo in animali quali i topi di laboratorio. I suoi neuroni sono provvisti di lunghi assoni che proiettano in numerosi siti, costituendo un’entità neurofunzionale distinta. Nel suo insieme, il sistema del locus coeruleus risponde ad una grande varietà di agenti stressanti esterni e segnali di distress interno, come il crollo della pressione arteriosa per effetto di un’emorragia, e rappresenta una stazione centrale di collegamento per stimoli provenienti da diverse aree, che integra attivando rapidamente e globalmente sia le risposte centrali che quelle periferiche allo stress. E’ stato dimostrato che può funzionare secondo vari gradi di attivazione e non agisce, come si era creduto un tempo, secondo un meccanismo “tutto o nulla”. La sua attivazione cronica sembra intervenire nella patogenesi dei più gravi disturbi da stress[4].

Il locus coeruleus è stato implicato in numerosi processi fisiologici e patologici. Ad esempio, sembra intervenire nella regolazione del risveglio e del movimento[5]. Il locus coeruleus partecipa ai processi che, attraverso il CRF, legano lo stress all’abuso di sostanze psicotrope[6]. In quest’area è stata documentata una più marcata alterazione dell’espressione genica nella depressione maggiore[7]. Sembra, poi, che questo sistema di neuroni noradrenergici abbia anche un ruolo di regolazione della funzione microgliale, attraverso il rilascio della catecolamina: la degenerazione del locus coeruleus impedirebbe la fagocitosi dell’amiloide da parte della microglia, accelerando la progressione della malattia di Alzheimer[8].

Gli autori dello studio qui recensito hanno esaminato ed analizzato il modo in cui i neuroni del locus coeruleus sono modificati dall’esperienza e le conseguenze della plasticità funzionale del complesso cellulare norepinefrinico di quest’area, per le rappresentazioni corticali dell’input sensoriale (uditivo) e per la percezione stessa degli stimoli acustici.

A tale scopo, Ana Martins e Robert Froemke hanno rilevato l’attività funzionale dei neuroni del locus coeruleus e della corteccia cerebrale del ratto nell’area acustica primaria mediante registrazione dell’attività elettrica derivata dall’intera cellula (whole-cell recordings) e comparazione dei suoni con l’attivazione dello stesso locus coeruleus.

Sebbene inizialmente silenti, i neuroni del locus coeruleus hanno successivamente sviluppato e mantenuto risposte uditive dopo la fase dello stimolo sperimentale.

La plasticità indotta nelle cellule nervose noradrenergiche del locus coeruleus ha prodotto variazioni nelle risposte dei neuroni corticali dell’area uditiva A1 del ratto, perduranti almeno per ore, ed hanno migliorato la percezione uditiva per un lungo periodo, esteso da giorni ad intere settimane.

Tali risultati dimostrano in primo luogo che il locus coeruleus è altamente plastico, e poi che le sue intrinseche proprietà funzionali portano a cambiamenti sostanziali nella regolazione dello stato del cervello da parte dei neuroni che impiegano la noradrenalina come neurotrasmettitore.

 

L’autore della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Giovanni Rossi

BM&L-19 settembre 2015

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

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[1] Si ricorda che, parallelamente, il corpo genicolato laterale costituisce una stazione delle vie visive e che, insieme, le formazioni genicolate sono descritte, nella tradizione aurea dell’anatomia umana, come strutture del metatalamo.

[2] In ambito umano, poiché in vari tipi di dislessia si è riscontrata un’alterazione dell’elaborazione corticale uditiva, si è ipotizzato che l’esposizione ripetuta e costante del feto a suoni e rumori ambientali abnormi e ripetuti possa essere causa di una perdita di lungo termine dell’organizzazione del’elaborazione sensoriale in chiave cognitiva.

[3] La fossa romboidale o pavimento del quarto ventricolo si divide in due parti: triangolo bulbare, quella inferiore, triangolo pontino, quella superiore. Erofilo paragonò il triangolo bulbare ad una penna d’oca impiegata per la scrittura, da ciò il nome di calamus scriptorius: il solco mediano forma l’asta, l’estremità inferiore della cavità forma il becco; l’analogia è completata dalle barbe che sono le strie midollari o strie acustiche. Nel triangolo pontino, solcato dall’asta del calamo e dove sono presenti varie formazioni nucleari, nella parte superiore e laterale si vede il locus coeruleus.

[4] Il locus coeruleus ha una parte importante nella patogenesi del disturbo post-traumatico da stress e della depressione da stress. In sintesi: eventi stressanti o minacciosi riconosciuti ed elaborati dalla corteccia cerebrale raggiungono l’amigdala, che può essere attivata anche da evocazioni o stimoli elaborati inconsciamente; l’amigdala rilascia il CRH che attiva la produzione simpatico-midollare di adrenalina e stimola l’asse ACTH-cortisolo preparando l’organismo alla fuga o all’attacco. Se lo stress perdura o è molto intenso, il cortisolo attiva il locus coeruleus che, mediante la nor-adrenalina, stimola l’amigdala a produrre CRH innescando il circolo vizioso responsabile della patogenesi. Oltre che nella risposta allo stress, il locus coeruleus interviene nei processi alla base delle crisi di astinenza e della cosiddetta dipendenza fisica dalle sostanze psicotrope d’abuso.

[5] Cfr. Note e Notizie 06-11-10 Il locus coeruleus regola risveglio e movimento.

[6] Cfr. Note e Notizie 19-04-08 CRF e legame molecolare fra stress e abuso.

[7] Cfr. Note e Notizie 25-06-11 Alterata espressione nel locus coeruleus di pazienti con depressione maggiore.

[8] Cfr. Note e Notizie 15-05-10 Locus Coeruleus e Microglia nella Malattia di Alzheimer. Per altre recensioni di lavori sul locus coeruleus si invita a cercare nella sezione “Note e Notizie”.